18 tappe, tanti km e tanta voglia di portare un messaggio di speranza e determinazione. Da poco si è concluso Il giro d’Italia in handbike che i due atleti Samuel Marchese, 16 anni e Martino Florio, 49 hanno compiuto.
Partiti da Siracusa sono entrati trionfanti all’expò di Milano accolti da televisioni e radio. Con loro ha fatto ingresso anche un monito di speranza, una denuncia contro l’indifferenza e la voglia di dimostrare che , come dice Samuel – “la disabilità e negli occhi di chi la guarda” .
Ho accettato ben volentieri di accompagnare questa allegra combriccola nella loro avventura. Conobbi Samuel per uno shooting “tour fotografici per tutti” e questo ragazzino timido mi fece subito simpatia.
Qualche settimana dopo Il padre, colonna portante del viaggio e infaticabile trasportatore di bagagli, veicoli, bevande e carrozzine, mi propose di unirmi alla loro carovana per raccontare la storia di un ragazzino che voleva dimostrare qualcosa al mondo. Io accettai immediatamente.
Il giro d’Italia ha subito continue posticipazioni dovute a promesse non mantenute e sponsor evanescenti.
Samuel è ancora nell’età in cui ogni cosa è possibile e a tutto si può rispondere con un leggero “e va bè!” e con la determinazione di un promettente atleta ha deciso che l’expò sarebbe stata la sua prossima meta ad ogni costo.
Le 18 tappe sono state segnate da spiacevoli inconvenienti e gioiose conquiste . Una marcia a suon di pedalate che mi hanno aperto un mondo prima a me sconosciuto. Non tanto il significato sportivo dell’impresa ma l’umanità, l’amore e la voglia di non essere invisibile dietro ogni km.
Cosa ne sappiamo noi della disabilità?
Magari voi che leggete siete uno dei tanti che per premura parcheggia in un posto riservato ai disabili. Che saranno mai 5 metri, quelle strisce gialle, 2 minuti dentro al supermercato? Che ne sappiamo noi di centinaia di persone in un centro di Riabilitazione di Montecatone che cercano di riprendersi dopo un incidente?
Grazie a Samuel e Martino ho potuto osservare e conoscere una realtà nuova.
La vita ci riserva continuamente delle sorprese inattese, quello che possiamo determinare noi è il come reagiamo.
Il viaggio di Martino e Samuel è un nobile gesto che sottolinea la necessità dell’essere umani di mettersi in gioco. Si deve dare sempre il massimo con ciò che si ha, dice Martino, che ha detenuto il primato mondiale di immersione. Tuttavia ci si scontra con una dura realtà che cerca di mettere letteralmente i bastoni tra le ruote delle loro handbike e sedioline a rotelle.
Si vive in una società assistenzialista, dove la disabilità viene creata. Si pensa che chi è in sedia a rotelle debba essere costantemente assistito creando inconsapevolmente delle barriere nel modo di progettare e pensare.
Quello che hanno dimostrato SAmuel e Martino è la necessita di una cultura integrativa che non ghettizza il diverso o il disabile ma che lo include.
La cultura alla disabilità è ancora retrograda e superficiale. Molti degli hotel in cui siamo andati ci avevano promesso L’accessibilità che giunti sul posto si rivelava fittizia o inesistente.
Questo reportage si è trasformato in qualcosa di più profondo della semplice narrazione di un viaggio.
Come tutti i racconti archetipici basati sul “viaggio dell’eroe” , la nostra avventura è permeata da un significato profondo che si cerca di trasmettere attraverso il viaggio .
Essere stato parte di questa carovana mi ha dato molti spunti su cui riflettere e riempito il cuore di determinazione e voglia di mettermi in gioco. Come dice Samuel: ” se io posso farcela, qual’è la tua scusa per non farlo”
I mezzi del Mestiere.
Per seguire il reportage avevo bisogno di una strumentazione leggera, versatile e che mi desse il massimo della qualità.
Inoltre per riuscire ad ottenere immagini uniche ho deciso di seguire tutte le tappe con i miei pattini in linea (completamente consumati al termine dell’impresa)
Chissà cosa pensavano gli automobilisti quando incrociavano una banda variopinta fatta di 2 strani veicoli a 3 ruote, 2 tizzi che sfiorano l’asfalto, un folle con una macchina fotografica sui pattini, che a tutta velocità “gira vota e furria”(direbbero in siciliano) pur di scattare delle fotografie, il tutto seguito da due furgoni malconci, un cane affacciato dal finestrino e un paio di pattuglie della polizia, carabinieri o quel che sia. Io adoro il mio Lavoro!
Tornando all’attrezzatura.
Ho utilizzato:
– Fujifilm X T1 con 27mm 18 – 135mm 10 – 24mm
– Canon 6d con sigma art 35mm
– GoPro Hero 4
– Roces (pattini)
“Questa impresa nasce dalla nostra grande passione per lo sport e per la vita. Stiamo facendo questa traversata dalla Sicilia fino all’Expo di Milano proprio per dimostrare a tutti che la disabilità non esiste, perché non ostante le nostre difficoltà riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi. Il nostro gruppo si chiama Freedom Angels perché ci sentiamo liberi di affrontare qualunque sfida, la forza che ci consente di superare gli ostacoli non è quella fisica ma quella della volontà e della caparbietà. Quello che voglio dire a chi ha la perfezione nel fisico ma non riesce a mettersi in gioco nella vita è: se io posso farcela, qual è la tua scusa per non farlo?”.